#studio di registrazione
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campadailyblog · 8 months ago
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Il Mondo della Creazione della Musica House
La musica house è un genere che nasce dalla cultura afro-americana degli anni ’80. Ha unito talento, tecnologia e innovazione fin dalle sue origini. Scopriamo come i pionieri hanno usato drum machine, sintetizzatori e campionatori per creare un suono unico. Questo suono è ancora oggi amato in tutto il mondo. È un mix di cultura e tecnologia che ha cambiato la musica. Punti Chiave La musica house…
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gagliandi · 1 year ago
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The Poetic Roots of Rap: A Journey Through Rhymes and Rhythms
The realm of rap is inherently connected to the world of poetry, both sharing a profound appreciation for rhythm, rhyme, and the evocative power of words. This article explores how these two art forms intertwine, offering insights into enriching your rap artistry inspired by poetic tradition. Rhythm: The Heartbeat At the heart of both poetry and rap lies rhythm, an element that guides the…
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unwinthehart · 23 days ago
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dove posso rivedere il momento damialeeee
Citofonare Rai2 di stamattina, lo trovi su RaiPlay ^^
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marcogiovenale · 3 months ago
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audio completo della presentazione di "stiamo sprecando internet", di antonio pavolini, allo studio campo boario, 15 nov. 2024
https://www.francocesatieditore.com/catalogo/stiamo-sprecando-internet/ https://archive.org/details/ssint-15112024
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raccontidialiantis · 3 months ago
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L'adorata umiliazione (2 di 2) Il marito
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So tutto. Da tempo. E soffro come un cane, ma se questa mia sofferenza muta basterà a farti restare fisicamente a casa, se la notte potrò ancora respirare l’odore della tua pelle accanto alla mia, allora che sia. Da qualche mese, il giovedì mattina hai preso ad andare al lavoro vestita, profumata e truccata come una dea. All’inizio ero molto contento per te; qualsiasi uomo poi è orgoglioso di avere a fianco una donna che si cura, che è ammirata e sognata quando è in società.
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Poi, ho iniziato a fare due più due: nel mio studio d’ingegneria infatti, assieme agli altri due soci e ai collaboratori, da anni abbiamo deciso che il giovedì si tira avanti sino quasi a ora di cena, in modo da finire tutto il lavoro di una settimana e lasciare per il venerdì un carico relativamente leggero, di rifinitura. Così che verso le quattro del pomeriggio del quinto giorno possa iniziare il weekend per tutti. Così, un po’ per scrupolo, non credendoci ancora per davvero, un po’ con la morte nel cuore, la settimana passata mi sono deciso e ho dato l’incarico a un investigatore privato.
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Venerdì pomeriggio scorso ho staccato dal lavoro un po’ in anticipo. Verso le tre sono andato nel suo ufficio e ho avuto il resoconto. Il giorno precedente, giovedì, appunto, lui ti aveva seguita e fotografata. T'aveva vista uscire dal lavoro presto e andare direttamente a casa sua. A seguire il tuo ingresso, dopo dieci minuti ha visto anche il tuo stallone tornare dal lavoro. E quindi sei uscita da quell’appartamento solo un paio d’ore dopo.
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Con i suoi microfoni direzionali ad alto guadagno puntati verso i vetri, egli è riuscito anche a carpire molti e chiarissimi brandelli delle vostre conversazioni. Ho voluto sentirli. Lui, esperto di queste cose, ha cercato di dissuadermi; poi però, dietro mia ostinata insistenza ha acceso l’apparato ed è uscito dallo studio. Lasciandomi solo con la mia disperazione di marito neo-cornuto. Dapprima non avevo capito, la ragione del suo uscire dalla stanza. Poi, man mano che ascoltavo la registrazione, ho realizzato.
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L’ha fatto per discrezione: ho infatti iniziato a piangere come un bambino! Ti sentivo ridere e lanciare gridolini di gioia, mentre lui ti schiaffeggiava il culo!!! Il culo di mia moglie! La donna che io curo e vizio come una rosa, ma che in cambio mi tratta sempre abbastanza freddamente, adesso era con lui ben partecipe. Appassionata, sottomessa e calda! E ti sei fatta addirittura inculare, da quel bestione d’uomo! Cazzo! Mentre con me hai sempre avuto un comportamento di sopportazione, quasi… sacrificale, nelle cose di sesso.
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Un po' come se avessi nausea di me. La nostra è sempre stata una pratica svolta rapidamente, in posizione canonica e senza troppi entusiasmi. Ascoltando la registrazione che andava avanti, non riuscivo neppure a crederci! Mi sembrava un incubo. Alla fine sentivo che lui ti ordinava chiaramente di pulirlo per bene e tu, docile, eseguendo la pulizia mugugnavi di piacere. Mentre evidentemente prendevi avida in bocca il suo uccello, grosso organo che dopo un po’ ti riempiva la gola! Era chiarissimo ciò che gli stavi facendo. 
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E mi sono anche eccitato, maledetta puttana di una traditrice! Ma non riesco a volertene: perché ti amo nonostante tutto. Anzi, forse proprio perché ho scoperto finalmente che sei una gran porca. Ti diceva: “dai, troia lurida che altro non sei: succhia tutto, per bene…aaaah… dai ecco che vengo di nuovo… brava la mia maialina… com'è tuo marito?” e tu gli rispondevi: "un grandissimo e povero cornuto." Ti faceva anche i complimenti per l’expertise dimostrata nel succhiarglielo! Io te l’ho sempre chiesto un pompino, ma tu non me l’hai mai fatto! Maiiii!
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Bastarda femmina! Si, alla fine devo ammettere che sei una vera adorabile porca! E ora ti desidero ancora di più! Lì per lì confesso che m’è preso l’impulso di andare a regolare i conti, con quel tizio; anche se è alto quasi due metri e ben robusto. E t’ho maledetta, t’ho chiamata troia mille volte urlando e imprecando, in quell’ufficio. Forse è proprio questo ciò che ti mancava, con me. Avrei dovuto dominarti, maltrattarti, addirittura. Invece di cercare sempre la correttezza, l’onestà, la parità, il rispetto reciproco tra noi… tutte cazzate!
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Sono tornato a casa sconvolto. E ho fatto finta di nulla. Il weekend è passato in tranquillità. Per te, almeno: io avevo l’inferno dentro. Poi comunque mi sono calmato ed è passata quasi tutta la settimana. Oggi è giovedì e sono tornato a casa un po’ prima apposta. Tu sei arrivata subito dopo di me ed eri molto sorpresa, nel vedermi. Sei arrossita. M’hai dato un bacino rapido sulla guancia e sei corsa in bagno. Ho sentito chiaramente su di te l’odore del suo profumo, o dopobarba che fosse.
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Quando sei uscita, sono andato a esaminare e annusare a lungo le tue mutandine: oltre all’odore tuo noto e adorato, c’erano evidenti tracce d’amore. Solo che non era il nostro. Ho pianto di passione repressa. Sei mia, mia… sei mia moglie, cazzo! Però ho deciso di stringere i denti, tacere e continuare come se nulla fosse. Perché ti amo da morire malgrado tutto. Perché mi piace sempre vederti ballare mezza nuda e contenta in casa con la cuffia in testa. Perché amare vuol dire per me essere felice solo se tu sei felice. E se questo è ciò che adesso ti fa star bene, mi adatterò a questo nuovo amaro equilibrio a tre, pur di non perderti.
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Comunque, ripensandoci, ora capisco le allusioni neanche troppo velate delle tue presunte amiche. Sai, nel confidarti dovresti stare molto attenta a scegliere la persona più discreta e leale, con te. Basta che parli con quella sbagliata che, tempo mezza giornata, lo sa tutto il circuito! E le donne generalmente amano molto parlare. Se si tratta di corna, poi... Già che ci siamo, sappi comunque che ben tre delle tue amiche intime in qualche modo in questi mesi a turno hanno provato a farmela capire, la tua tresca. Con lo scopo abbastanza chiaro di prepararsi il terreno per rubarmi a te e iniziare ciascuna la propria storia segreta con me.
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E io scemo a credere che quelli fossero solo maldestri tentativi di screditarti ai miei occhi per farsi scopare! Mia moglie? Ma dai, impossibile: lei è una santa! Che stupido a non approfittarne! Un vero idiota! Avere una fica nuova a portata di mano, offerta chiaramente su un piatto d'argento e non approfittarne! Sai, nel proporsi erano tutte evidentemente molto disponibili, bellissime e assolutamente sexy nell’abbigliamento. E avevano creato ognuna da parte sua delle occasioni veramente ghiotte. Impossibili da non cogliere. Solo io, scemo… ho declinato sempre.
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In fondo, forse è meglio sia andata così. Io comunque ti aspetto: lui un giorno si stancherà, ti getterà dal balcone delle sue voglie mutevoli e io sarò lì a raccoglierti a braccia aperte. Io ci sarò, per te. Perché sei mia moglie. T’ho sposata e ti voglio tutta per me. T’asciugherò le lacrime, t’aiuterò a raccogliere i cocci della tua anima a pezzi e li rimetter�� insieme, con la colla forte del mio amore per te. Ti amo più che mai, mio tesoro preziosissimo. E aspetto: mentre lui ti tratta come una puttana di infimo bordello e tu ne godi. Quanto ci soffro, sapessi.
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Spero solo che dopo tutto questo tornado, alla fine anche la nostra vita sessuale potrà avere un nuovo e miglior corso. Vorrei provare con te finalmente tutte le cose che ti faranno piacere: non vedo l’ora che tra voi finisca. Anche e soprattutto per questo. Perché io lo so che a breve finirà: lui ha trent’anni e cerca solo il suo piacere, con te. È un ragazzone oggettivamente bellissimo e ha attorno stuoli di ventenni. Da qualche  parte ci deve essere una lezione anche per me. Vorrei capire dove e come ho sbagliato, cosa ti è mancato, stando con me.
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So solo che non potrei mai rinunciare a te: vederti a sera mentre ti spogli per metterti a letto semi nuda al mio fianco resta sempre il mio spettacolo preferito. Intanto adesso ti osservo mentre dormi e non mi stanco mai di guardarti: sei più bella e rilassata che mai, dopo aver fatto l’amore con lui nel pomeriggio. Quanto t’ha scopata: un’ora? Due? E quanto hai goduto tu, nel prenderlo ancora una volta in culo e in bocca? O forse quel bestione t’ha sfondato anche la fica, oggi? Ti duole ancora, quella deliziosa ed elastica fica da cui sono usciti i tuoi figli? Ora però mi calmo.
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Perché sono troppo emozionato; smetto di scrivere al computer e fra un po’ salverò il file. Non so se ti invierò questa cosa che ho scritto. Preferisco calmarmi, aspettare che tutto rientri nella norma. Se una norma c'è ancora tra noi. Ne parleremo a tempo debito. Ora spegnerò il laptop, mi infilerò sotto le coperte vicinissimo a te e mi girerò dal mio lato. Piangendo in silenzio: per rabbia, ma soprattutto per amore. Pensando a quanto sarà bello vederti domani mattina guardare il sole che sorge, col caffè fumante che ti avrò preparato pensandoti e desiderandoti più che mai. E pregherò per noi.
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RDA
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angelap3 · 9 days ago
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𝑈𝑚𝑏𝑟𝑒 𝑑𝑒 𝑚𝑢𝑟𝑖, 𝑚𝑢𝑟𝑖 𝑑𝑒 𝑚𝑎𝑖𝑛𝑒́
𝐷𝑢𝑛𝑑𝑒 𝑛𝑒 𝑣𝑒𝑔𝑛𝑖̀, 𝑑𝑢𝑣𝑒 𝑙'𝑒̀ 𝑐ℎ'𝑎𝑛𝑒́...
«Certe volte mi sentivo inorgoglito, altre volte deluso. Ma sempre in ogni caso un po' vergognoso a vedermi quasi costretto a sfogliare le riviste specializzate, per scrutare con un occhio quasi da lumaca, fuori dalle orbite, quale posizione avesse ottenuto in classifica il mio ultimo, cosiddetto, prodotto discografico. Perché questo voleva dire che il disco in quanto funzione oggettiva di consumo, aveva assunto un'importanza superiore a quella delle canzoni per le quali viveva, e nelle quali sinceramente mi sentivo di avere vissuto. Mauro Pagani la pensava allo stesso modo, forse anche per questo motivo: la reciproca stima, il progetto comune, il tentativo di ricondurre la canzone alla sua funzione primaria. Il canto ha infatti ancora oggi, in alcune etnie cosiddette primitive, il compito fondamentale di liberare dalla sofferenza, di alleviare il dolore, di esorcizzare il male. Certo le canzoni le abbiamo comunque registrate, a noi sembra con buoni risultati tecnici. Però penso che mai, come nel caso di Creuza de mä, di questa "mulattiera di mare", traduzione volutamente approssimativa, per quanto desiderava essere descrittivamente precisa, mai come in questo caso – dicevo – il disco ha assunto una funzione molto ridotta rispetto alle canzoni di cui vive. Dicevo pure la funzione che può avere la stringa nei confronti di una scarpa, o addirittura nei confronti di un mocassino. Ci sono sicuramente altri motivi per cui si è deciso di fare canzoni di questo tipo. Motivi tutti ugualmente di rilievo e a cui sinceramente non riuscirei a dare un ordine di importanza. Ad esempio la scelta stilistica. Una volta individuati gli strumenti etnici che in quella che in qualcuno ha voluto chiamare una piccola "Odissea", volevano ricondurci all'atmosfera del bacino del Mediterraneo, dal Bosforo a Gibilterra, era necessario adattare ai suoni che tali strumenti riproducevano, una lingua che ci scivolasse sopra, che evocasse attraverso fonemi cantati, indipendentemente quindi dalla loro immediata comprensibilità, le stesse atmosfere che gli strumenti evocavano. A noi la lingua più adatta è sembrata fosse il genovese, con i suoi dittonghi, i suoi iati, la sua ricchezza di sostantivi ed aggettivi tronchi che li puoi accorciare o allungare quasi come il grido di un gabbiano ».
Fabrizio De André
Scritto con Mauro Pagani Crêuza de mä è pubblicato da Ricordi nel 1984
C'E' CHI VENDEVA PESCE E CHI VENDEVA PESCE IN RE.
Pagani racconta che a Genova si era sparsa la voce che al mercato del pesce sarebbe arrivato De Andrè a registrare qualcosa " Fabrizio aveva già avvisato dei suoi conoscenti. Succede che Caterina, la voce della donna che si sente nel disco, non vendeva più il pesce al mercato, aveva aperto un negozio da un' altra parte, ma era la voce storica del posto, così fu invitata. C' era un eco incredibile perché il mercato del pesce di Genova è una struttura enorme. Gli accordi erano che avrebbe dovuto parlare solo lei, ma poi anche le voci maschili hanno iniziato a fare casino, sai... verso la fine. Cosa interessante fu che Fabrizio non si svegliò quella mattina -racconta sempre Pagani - eravamo solo io e Alan Goldberg (alias Fabio Ricci), e facemmo un' ora e mezza di registrazione. Quando tornammo in studio la fortuna volle che Caterina vendeva il pesce in RE, non abbiamo toccato una virgola di quella registrazione, era perfetta per il pezzo".
L’album viene accolto dai discografici senza particolare entusiasmo, convinti che un disco in genovese non lo avrebbero capito neppure a Genova.
Crêuza de mä avrà invece un grande successo: votato dalla critica Miglior disco italiano degli anni ’80, segnalato da David Byrne tra i dieci dischi più importanti del decennio in tutto il mondo e al 4° posto della classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo “Rolling Stone”. Crêuza viene inoltre premiato con la Targa Tenco nel 1984.
( Illustrazione Roby il pettirosso)
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acronimica · 2 months ago
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Ieri sera seguivo con interesse e trasporto lo speciale di Barbero su San Francesco. Mi sembra ne abbia offerto un ritratto inedito e soprattutto completo di tutte le controversie dell’epoca, che è qualcosa che sempre mi piace sentire. Una volta capito dove volesse arrivare con le sue argomentazioni, mio malgrado (relativamente, ma ho anche bisogno di variare gli stimoli di studio e le lezioni di Barbero sono tali ai sensi di legge) a un certo punto sono dovuta ritornare ai libri dell’obbligo. Quindi mi sono detta “proseguo dopo, con la funzione restart”. Non l’ho poi fatto, era tardi. Oggi potrei in effetti recuperare la lezione, ma mi sono resa conto che la magia, la suggestione non sono neanche lontanamente paragonabili a quelle di ieri. L’idea di mettere il telefono in tasca, premere play e nel frattempo assolvere a qualsiasi incombenza quotidiana è desacralizzante. Come posso ascoltare Barbero in differita e on-demand allo stesso modo potrei mandare una sua qualsiasi altra videolezione su YouTube e di fatto fruire dello stesso servizio. La lezione di ieri sera sembra già qualcosa di vecchio, di tramontato, e questo non a causa del contenuto, ma proprio a priori. L’on-demand appiattisce e spoetizza tutto, anche le esperienze acculturanti, e lo fa senza particolare pietà. Mi metto Barbero in tasca e la prima serata di ieri è già sfumata, è stata parificata a qualsiasi altra lezione già caricata sui suoi spazi. Nonostante, personalmente, sia sbarcata sulla piazza della fruizione multimediale quando già il DVD esisteva (tempi di uscita della PS2, per capirci), durante la mia prima infanzia la competizione tra quello e le VHS era ancora serratissima. Non c’era ancora stato un surclassamento del primo sulle seconde ed eravamo rimasti in tanti a registrare i nostri cartoni, programmi e film preferiti quando andavano in onda. E se anche non si era in casa si lasciava andare la VHS beccandosi anche le pubblicità – poche – a registrazione ultimata. Mi sono decisamente fermata a quella forma primitiva di on-demand, che ti lasciava sempre il dubbio se l’indomani ti saresti effettivamente ritrovato tra le mani le tue belle trasmissioni confezionate artigianalmente o se invece il nastro non sarebbe partito affatto (magari perché la VHS era piena!) e ti saresti allora ritrovato a chiedere ad amici e parenti che magari ne avrebbero fatto un’occasione per recuperare insieme quanto perso.
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diceriadelluntore · 1 month ago
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Storia Di Musica #360 - Manuel Göttsching, E2-E4, 1984
Dal 13 marzo 2024 la Cultura Techno di Berlino fa parte della lista del Patrimonio Immateriale dell'Unesco. Oltre l'aspetto musicale, la decisione è stata possibile, riporto le motivazioni, perchè recupera e valorizza gli spazi urbani industrializzati e crea comunità libere e sicure dove ogni persona viene accolta allo stesso modo a prescindere da genere, etnia, orientamento sessuale, età o provenienza geografica. Il movimento, che ha il suo culmine nella Love Parade nata nel 1989 a Berlino Ovest (dal 2022 ha cambiato nome, in Rave The Planet) e poi esportata in tutto il mondo.
Uno dei papà nobili della musica techno berlinese è il disco di oggi, che ha una storia bellissima. Autore è il chitarrista e compositore Manuel Göttsching, fondatore degli Ash Ra Temple, una delle più importanti formazioni del kosmic rock tedesco. Quella band fu attiva per tutti gli anni '70, con alcuni dischi fondamentali del genere (l'omonimo Ash Ra Temple del 1971, Schwingungen del 1972, il bellissimo Inventions For Electric Guitar del 1975), Göttsching affiancò all'impegno negli Ash Ra Temple anche delle attività soliste.
E la leggenda del disco di oggi nasce proprio per una questione del genere. Nel 1981, organizza con il suo amico e componente della band Klaus Schulze, altra figura mitica della musica tedesca di quegli anni, una serie di concerti. Decide quindi di registrare della musica che lo accompagni nel walkman durante i viaggi per incontrarsi con lui. Nel suo studio di registrazione di Berlino, che si chiama Studio ROMA, inizia a suonare un accordo con la chitarra mi2 e mi4, che nella trascrizione delle note dei paesi anglosassoni e tedeschi si scrive in E2 e E4. Suona così, con effetti e sovraincisioni, per circa un'ora, dove, e lo racconterà lui stesso dopo, va tutto per il meglio: tutte le attrezzature funzionano alla perfezione, non c'è nessun intoppo, lo studio era così piccolo che se fosse suonato il telefono il trillo sarebbe stato registrato per poi dover iniziare tutto da capo. Prende quella registrazione, la riporta su una cassetta e rimane per anni solo una cosa privata.
Tutto cambia nel 1984, quando il catalogo degli Ash Ra Temple viene comprato dalla Virgin di Richard Branson. Tutti gli album vengono ristampati con il nome della band ridotto ad Ash Ra, e Manuel Göttsching invitato da Branson sulla sua barca, fa ascoltare quella cassetta al discografico, che nel frattempo stava cercando di far addormentare sua figlia. Ci riesce con quella musica, e Branson lo spinge a pubblicarla: piccola nota simpatica, la prima edizione del disco sarà comunque pubblicata dalla Inteam, la casa discografica di Klause Schulze.
E2-E4 oltre che l'accordo, è anche una famosa mossa di apertura degli scacchi: pedone davanti al re in avanti di due caselle, mossa che il padre di Manuel gli aveva insegnato da bambino. Ma E2-E4 è anche una possibile codifica del programma Basic che lo stesso Göttsching usava sul suo Apple II per le sub-routine dei programmi.
Pubblicato nel 1984, con l'iconica copertina a scacchiera, è considerato il primo album di dance elettronica: alla sua chitarra di sottofondo si innesta la drum machine e pochi interventi ai sintetizzatori. Ne viene fuori una sorta di suite di un'ora, che per convenzione viene divisa in 9 brani dai titoli tutti legati dal riferimento agli scacchi, dove non c'è un vero e proprio sviluppo nella melodia e nell'armonia quanto piuttosto un uso della musica quasi come un tribale induttore di stato di trance tramite la ripetizione della complessa interazione tra strumenti e ritmo. Diventerà un disco icona: la base verrà saccheggiata e campionata da decine di artisti, ma l'esempio più famoso rimane quello che il gruppo dei Sueño Latino (che sono in realtà tre ragazzi bolognesi Riccardo Persi, Claudio Collino e Andrea Gemolotto) che nell'omonimo singolo del 1989 campionano il disco a cui aggiungono una voce sensuale femminile. Diventerà una delle prime hit del cosiddetto stile balearico, poichè divenne un must delle discoteche di Ibiza ma anche dei rave party berlinesi.
Nel 2006, dopo essersi dedicato per lo più a colonne sonore e musica per documentari, Manuel Göttsching registrerà un'intera esibizione di E2-E4 in Giappone, che verrà pubblicata in un disco, E2-E4 Live In Japan nel 2009. Il grande chitarrista tedesco morirà nel 2022 di Sars Cov2.
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yellowinter · 6 months ago
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Anche stanotte ho dormito senza prendere niente, mi sono svegliata alle 6 e ho fatto la mia solita routine, poi sono andata a lavoro. Sono arrivata prima e ho fatto tutto quello che c'era da fare, sono stata insieme agli animali, ho sorriso e aiutato chi aveva bisogno, ho girato per il rifugio fissando cartelli con l'avvitatore elettrico e mangiato taralli e patatine al burro di arachidi, ho parlato con una ragazza di salute mentale e mi ha confidato di avere il disturbo borderline, la responsabile del turno mi ha detto delle cose bellissime che mi hanno illuminato la giornata. Poi due ragazzi mi hanno accompagnata in macchina fino a casa e abbiamo chiaccherato, mi hanno invitata a cena e nel loro studio di registrazione per suonare la batteria. Ho pranzato, mi sono sdraiata un po' e ho ascoltato la musica, poi ho lavato il bagno e la cucina, ho passato l'aspirapolvere, sono andata avanti a leggere il libro, ho fatto meditazione e cambiato sia il catetere che il sensore, ho cenato e adesso sono sul divano. Entra l'aria fresca dalla finestra. Va bene tutto ciò che provo e io non sono i miei pensieri. Non sono qualcuno o qualcosa, io scelgo chi e come essere. E scelgo l'amore.
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jazzandother-blog · 7 months ago
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https://youtu.be/9B7ZWDaKECI?si=xFf6HwQfex3zQCUm
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(English / Español / Italiano)
On March 2, 1959, at 2:30 in the afternoon, a group of musicians entered an old church on 30th Street in New York that the Columbia record company had converted into a recording studio thanks to the special sonority of the place. The musicians belonged to the sextet of Miles Davis, trumpeter and composer extraordinaire, a cornerstone of modern jazz. The first to arrive was drummer Jimmy Cobb, who calmly and carefully set up his drum kit. Soon after, bassist Paul Chambers, saxophonists Cannonball Adderley and John Coltrane, pianists Bill Evans, who no longer belonged to the sextet but would record on this album, and Wynton Kelly arrived. Finally, Miles, the leader of the group. Without even knowing it, this first session and the second recorded on April 22 would become fundamental in the history of both jazz and music. The product of those two days would be called Kind of Blue and was released on August 17 of the same year.
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El 2 de marzo de 1959, a las dos y media de la tarde, un grupo de músicos entraron a una antigua iglesia en la calle 30 de Nueva York que la compañía discográfica Columbia había convertido en estudio de grabación gracias a la sonoridad especial que tenía el lugar.Los músicos pertenecían al sexteto de Miles Davis, trompetista y compositor extraordinario, piedra angular del jazz moderno. El primero en llegar fue el baterista Jimmy Cobb quien con tranquilidad y esmero montó su batería. Poco después llegarían el bajista Paul Chambers, los saxofonistas Cannonball Adderley y John Coltrane, los pianistas Bill Evans, quien ya no pertenecía al sexteto pero que grabaría en este disco, y Wynton Kelly. Finalmente, Miles, el líder del grupo. Sin siquiera saberlo, esta primera sesión y la segunda grabada el 22 de abril se volverían fundamental tanto en la historia del jazz como de la música. El producto de ese par de días se llamaría Kind of Blue y salió a la venta el 17 de agosto del mismo año.
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Il 2 marzo 1959, alle due e mezza del pomeriggio, un gruppo di musicisti entrò in una vecchia chiesa della 30ª strada a New York che la casa discografica Columbia aveva trasformato in studio di registrazione grazie alla particolare sonorità del luogo. I musicisti appartenevano al sestetto di Miles Davis, trombettista e compositore straordinario, pietra miliare del jazz moderno. Il primo ad arrivare fu il batterista Jimmy Cobb, che con calma e attenzione sistemò la sua batteria. Subito dopo arrivarono il bassista Paul Chambers, i sassofonisti Cannonball Adderley e John Coltrane, i pianisti Bill Evans, che non faceva più parte del sestetto ma che avrebbe registrato su questo album, e Wynton Kelly. Infine, Miles, il leader del gruppo. Senza nemmeno saperlo, questa prima sessione e la seconda registrata il 22 aprile sarebbero diventate fondamentali nella storia del jazz e della musica. Il prodotto di quei due giorni si sarebbe chiamato Kind of Blue e sarebbe stato pubblicato il 17 agosto dello stesso anno.
Fuente: Pasión por el Jazz y Blues
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unwinthehart · 1 month ago
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Io non vorrei dire.. ma nelle foto di Blanco che stanno girando da ieri di lui in studio di registrazione, indossa delle scarpe Gucci identiche a quelle che Ale ha indossato l’anno scorso a Gennaio quando era alla sfilata di Gucci.. a Riccardo sembrano stare un po’ grandi… 😌🫠
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Ammazza che occhio anon ahaha Sono sicuramente lo stesso modello di scarpe, ma come per tutto il resto dell'armadio che apparentemente si dividono (tra felpe, t-shirt, canotte, giubbotti ormai ho perso il conto), se sia lo stesso paio oppure no decidetelo voi 😆
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marcogiovenale · 2 months ago
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c'è tempo fino al 30 gennaio per partecipare al premio nazionale di poesia elio pagliarani, decima edizione, 2024-25
Il termine per le domande di partecipazione per le sezioni Editi, Inediti, e Progetti di Traduzione è fissato per il 30 gennaio 2025. Le domande vanno presentate esclusivamente attraverso il sito mediante registrazione (www.premionazionaleeliopagliarani.it) Il premio è una delle attività dell’Associazione letteraria Elio Pagliarani dedicata allo studio della poesia contemporanea. Il Premio…
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danzameccanica · 3 years ago
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Ricordo perfettamente quando uscì The Sham Mirrors. Era il 2002 e io stavo passando l’estate nello studio di architettura e mentre tiravo linee col CAD mi ascoltavo a ripetizione questo album e The Cold White Light dei Sentenced. La sera andavo in giro per le sagre col motorino cercando metallari e metallare in giro con cui parlare e da cui farmi notare. Probabilmente nel momento in cui li incontravo gli parlavo di Burzum, Gorgoroth, Immortal, Dissection…tutto tranne forse i due album sopracitati che in realtà stavano scavando, quotidianamente la colonna sonora di quella mia estate. The Sham Mirrors è un punto di non-ritorno degli Arcturus, fino ad allora band mitologica che rispecchiava più un’entità piuttosto che una vera band visto che tutti i membri stavano con altrettante rispettive band. La Masquerade Infernale per noi metallari era visto come uno dei dischi più strani e irripetibili della scena norvegese e sinceramente nessuno avrebbe scommesso di sentire Garm cantare su un tappeto metal, anche se davvero stravagante.
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The Sham Mirrors è forse pure meglio de La Masquerade perché è più concreto, ha dei brani che hanno una metrica godibile e fruibile. The Sham Mirrors è il parossismo di ogni componente sul proprio strumento; è forse l’unico album dove la schizofrenia (per me intollerabile) di Hellhammer ha davvero uno scopo. "Kinetik" ci mostra subito una band che spinge sul progressive rock ma anche sugli assoli heavy metal e anche sulla componente elettronica e di campionamenti. Anche Garm dà davvero del suo meglio con la voce e durante tutta la durata dell’album si ha questa sensazione di una crociera nello spazio, nella moltitudine dei suoi colori e sensazioni. Sì lo so, è anche colpa dell’iconografia che la band ha creato su sé stessa, sui loro artwork eccetera ma quando si sentono quei synth in stile Tears For Fears in "Nightmare Heaven" è impossibile non pensare ad un lento e immaginifico viaggio interspaziale. Sentite questo brano dove va arrivare al minuto 4:30, dopo che chitarra, pianoforte e voce fanno a gara a chi va più in alto sempre solleticando l’ingresso nel kitsch ma senza mai oltrepassarlo. È quella la potenza di questo disco: che è divertente ma senza essere buffo, che è tragicomico ma senza mai abbandonarsi completamente e separatamente alle due accezioni della parola. "Ad Absurdum", come dice il titolo, rispecchia le tonalità più fuori controllo e grottesche del genio di Garm mentre i colpi di Hellhammer non sono mai pari né quadrati; tutto il songwriting a volte sembra saltare sulla puntina del disco; ci sono degli attimi nei quali il glitch sembra far saltare il CD o sembra che tagli delle frazioni di canzoni. Altra cosa che stordisce dell’album è che quando c’è un forte passaggio da un’emozione all’altra (dal collasso alla tranquillità, dall’andamento ondeggiato a quello rettilineo) questo non avviene nettamente fra un brano e l’altro ma all’interno di ogni brano. Vedasi la parte centrale di "Nightmare Heaven" che vede da un lato delle chitarre che sembrano esplodere in sala di registrazione e dall’altra synth e voce che richiamano quasi una colonna sonora di Tim Burton. "Collapse Generator" è il brano dove Hellhammer spinge di più sulle pelli come non mai, nemmeno nei Mayhem. Ma è un brano che mantiene il suo dramma apocalittico anche se non avesse la batteria, e questo perché Sverd è un genio che tira fuori musica sacra e barocca che a metà strada diventa una colonna sonora, come se ci volesse mostrare la Città del Natale. Per non parlare della performance di Garm che gareggia davvero con quella di ICS Vortex. "Star-Crossed" emette dei giochi giullareschi e circensi dove il registro di Garm passa continuamente fra il cantato e il parlato, come se volesse amplificare quello che era già stato fatto in Themes from William Blake. In realtà lungo tutto l'album più volte si sentiranno le massicce influenze dei Faith No More, quelli soprattutto di Angel Dust e Garm più volte ricalcherà le orme del collega Mike Patton.
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Il Trickster che sta dietro la produzione (che può identificarsi nella figura di Tore Ywlizaker degli Ulver, ma anche dall’aiuto di Garm e dello stesso Knut Magne Valle) è come se si divertisse a girare una manovella con la quale cambia il settaggio a tutti i suoni che escono: passando dal Soundtrack-piano al progressive-metal all’elettronica iper-satura. Questa è la sensazione che appare scorrendo le tracce di questo album; è come se qualcuno si divertisse dall’alto a velocizzare i brani, a pitcharli per alterare la voce fino a farla urlare in "Radical Cut" (in realtà è Ihsahn che fa una comparsata come ospite). Gli Arcturus hanno creato un maestro mascherato che diverte con le macchine, coi suoni e coi mixer come un bambino; modifica e altera, giocando e camuffando i vary layer sonori. A volte abbassa la leva delle tastiere, a volte alza gli overdrive delle chitarre; a volte imposta i suoni sul lato elettronico, altre enfatizza la batteria. "For to End yet Again" e l’ultima suite di puro stampo carnevalesco e costu-mistico, dove la band si confronta col suo lato più prog e schizofrenico. Archi, trombe e fiati, voci narranti e urla pazzesche si danno il cambio con i synth e le chitarre in un continuo gioco di fusioni e interscambi senza soluzione di continuità. La cosa più importante e mastodontica è che gli Arcturus hanno creato il famoso “Trickster”, il master of puppets, il manovratore extra-diagetico. The Sham Mirrors non è solo la messa in musica di musicisti straordinari e spinti all’eccesso nella loro follia ma è anche – e soprattutto – la decisione collettiva di creare un’entità dietro al mixer, alla postproduzione che sia in grado di modificare digitalmente, elettronicamente tutte quelle sfumature che ora escono sobbalzando, graffiando, disturbando, accelerando, alterando anche per pochi secondi ogni strumento. Il Trickster è lo stesso musicista invisibile di cui parlava Brian Eno; è colui che sceglie i suoni che tutti quanti ascolteranno e in The Sham Mirrors il Trickster è andato alla velocità della luce tenendo testa ad ogni musicista dentro quella stanza. Forse superandoli anche…
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tananaifanblog · 8 months ago
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Tananai: «La persona che non voglio essere»
Alberto Cotta Ramusino detto Tananai non ama stare fermo: nella vita, nella musica e persino in questa intervista. Nello studio di registrazione dove abbiamo appuntamento, infatti, Tananai dondola sulla sedia girevole come un adolescente, si tormenta i capelli scarmigliati e si sfrega le dita davanti alle domande che lo obbligano a riflettere a fondo sulle risposte. L'occasione del nostro incontro è l'uscita di Rave, Eclissi, il suo primo album di inediti pubblicato a neanche un anno dall'ultimo posto al Festival di Sanremo che, però, gli ha spalancato le porte dello star-system, visto che da quel momento il nome di Tananai è ormai sulla bocca di tutti.
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Leggi l'intervista completa.
di MARIO MANCA 25 NOVEMBRE 2022
In Rave, Eclissi le anime che convivono e ogni tanto fanno a botte tra le tracce sono due: quella «più cazzona», come la definisce Alberto, e quella più introspettiva. Il Rave e l'Eclissi, appunto, il tormento e l'estasi, due facce di una medaglia tutta da scoprire che Tananai ci aiuta a comprendere facendoci sentire subito nelle casse la canzone di cui sente di avere bisogno in questo preciso momento: si chiama Piccola Gabber, e il suo ritmo è talmente energico da spingere il tuo piede ad andare a tempo anche se non lo vuoi.
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diceriadelluntore · 30 days ago
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Storia Di Musica #361 - The Magnolia Electric Co., The Magnolia Electric Co., 2003
Le Storie di Musica di Febbraio sono state suggerite da una strategia obliqua: avranno un gufo sulla copertina. Quando mi è stato suggerito il tema, all'inizio ero un attimo stranito perché me ne venivano solo due in mente: una dei King Crimson, di cui però la Rubrica ha trattato il leggendario Red da poco, un'altra dei Rush, molto bella, che però non è la copertina di un disco particolarmente esaltante. La curiosità alla fine ha prevalso e sono uscite fuori delle cose davvero interessanti, e come chi ha il piacere di leggere queste storie da un po' di tempo, sono dischi non proprio famosi di artisti tutti da scoprire o riscoprire. Rimarrà, e lo anticipo, solo una piccola disputa di tipo tassonomico, ironica ovviamente, che si svilupperà con le 4 Storie di questo mese.
Iniziamo da questo disco, con un gufo disegnato da William Schaff, artista che ha creato molte copertine della famosa etichetta indipendente Jagjaguwar, soprattutto quelle degli Okkervil River (che sono stati protagonisti di una Storia di Musica). Il gufo ha due mani extra, nella posizione tipico dell'iconografia del Cristo, davanti al fiore di una magnolia che è illuminata come una lampadina. Perchè Jason Molina, l'autore delle canzoni, aveva appena inaugurato con questo disco un nuovo progetto chiamato The Electric Magnolia Co. Tra parentesi, nelle prime edizioni del disco non vi era una precisa definizione del titolo sia della band che del disco. Questo perchè Molina fino ad allora aveva firmato i suoi lavori, di un maturo, dolente e romantico cantautorato, con il soprannome di Songs:Ohia, sin dal 1996, quando pubblicò il suo primo lavoro indipendente di un certo rilievo, dallo stesso titolo (che i fan ribattezzeranno Black Album). Molina si circonda di un gruppo di musicisti amici, che a rotazione lo aiutano nei successivi lavori. Molina è eclettico, spazia dall'indie-rock al country, al punk-rock, collabora con gli scozzesi Arap Strap con cui registra a Glasgow e nel 2000 pubblica The Lioness, a cui segue un tour europeo in piccoli locali, dal quale fu registrato un live, Mi Sei Apparso Come Un Fantasma, titolo che suggerisce che fu registrato in Italia, al Barchessone Vecchio di Mirandola, Modena, nel settembre del 2000. L'album successivo, Didn't It Rain, è il suo migliore: osannato dalla critica, vede il suo avvicinamento al blues, in un mix ancora per certi versi indecifrabile, ma dal fascino unico e particolare.
Idea che trova massima espressione nel disco di oggi. Molina per The Magnolia Electrc Co. va a Chicago in un completo studio di registrazione, sotto le cure maniacali e precise del rimpianto Steve Albini (a cui aveva dedicato un brano nel disco precedente, Steve Albini's Blues). Lo accompagnano Jennie Benford, che lo accompagna in due brani alla voce e suona il mandolino, Mike Brenner alla steel guitar, "Three Nickel" Jim Grabowski piano e organo, Dan Macadam al mandolino e Dan Sullivan alle chitarre, Rob Sullivan al basso e Jeff Panall alla batteria. Jason Molina si avvicina al blue collar blues, sicuro e in denim, con non lontani gli echi dei margini oscuri della città, nel quartiere di Bruce Springsteen, John Mellencamp e Bob Seger. Però la sua è anche un'emozione musicale alla Neil Young, a cui la sua voce qui spesso assomiglia, anche nella semplicità e nella facilità con cui gli strumenti acustici si mischiano con quelli elettrici. Questo è un disco che è pensato "più da band" tanto è che non solo Jennie Benford lo aiuta nel canto, ma ci sono due ospiti che prendono il suo posto: Lawrence Peters che da manuale del country canta The Old Black Hen, e la voce delicata e dolente di Scout Niblett, conosciuta nel periodo a Glasgow, in Peoria Lunch Box Blues. Molina è sbalorditivo in John Henry Split My Heart Just Be Simple, delicatissima e sognante e nella cupa chiusura di Hold On Magnolia, che si avvale dell'aiuto di chitarra slide, violino e un ritmo ondeggiante per creare un'atmosfera dolceamara e meravigliosa. Ma la vera perla è la canzone che apre il disco, divenuta in seguito un piccolo classico del mondo della musica indie: Farewell Transmission ha la leggenda che fu registrata in una singola registrazione, al primo giorno, con Molina che, come un band leader jazz, impartisce solo delle piccole indicazioni di base al resto dei musicisti che gli vanno dietro come in un incantesimo magico, quasi a simboleggiare reale la sintonia da ultimo giorno dell'umanità che la canzone racconta (In the sirens and the silences now\All the great set up hearts\All at once start to beat).
Anche The Magnole Electric Co. è un successo di critica, Molina è un artista consolidato ma confinato in un ambito marginale del mondo musicale. Eppure dopo il live del tour di questo disco, Trials & Errors, che esce nel 2005 (e dove omaggia chiaramente Neil Young e i Crazy Horse) inizia una lunga serie di dischi annuali, molto interessanti, fino al 2009, con Josephine. Da quel momento, inizia a soffrire di gravi problemi di salute, dovuti soprattutto al suo alcolismo cronico, che lo porteranno ad una tragica morte nel 2013, a 39 anni. Destino simile ad altri due geni dolenti della musica americana indipendente, come Elliot Smith o Vic Chesnut, una triade meravigliosa e formidabile di cantautorato creativo, vibrante per quanto dolente, ma sicuramente emozionante.
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gcorvetti · 2 years ago
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Buona la prima.
Sono nello studio e dopo un paio di ore tra prove e regolazioni ho fatto una registrazione niente male, certo si può sempre migliorare, ma come prima sperimentazione non è male. Ho collegato il basso alla pedaliera, sparato delay come se fossi in guerra e usato oggetti vari sul rullante oltre ad una spazzola, quella che si usa nel jazz non per capelli che non ne ho :D.
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